Da quando anni fa ho iniziato a praticare le attività subacquee, nel mio atlante
geografico ha cominciato timidamente a farsi notare, sconosciuta ai più, la minuscola
isola di Sipadan. L’isoletta situata all’estremo margine orientale del Sabah (che
a sua volta si trova al margine orientale del Borneo malese), se non siete subacquei
probabilmente non l’avrete mai sentita nominare, ma se bazzicate i fondali la conoscerete
di certo, tra i sub è a tutti gli effetti ritenuta una delle più belle mete sottomarine
al mondo.
Come la maggior parte dei viaggi che ho fatto, anche questo è maturato lentamente
negli anni, leggendo libri, raccogliendo ritagli di giornale, ascoltando racconti
di viaggio, ecc... Con il tempo il raggio del mio interesse si è allargato e, a
poco a poco, dall’isola di Sipadan è approdato nella regione del Sabah nel Borneo,
per poi estendersi fino al Saravak ed infine, perché no, anche alla parte peninsulare
della Malesia: effettivamente andare fino ai lontani confini del sud-est asiatico
per visitare solo un’isoletta, per quanto bella sia, sarebbe stato un delitto. Eccovi
dunque le mie impressioni sul lungo viaggio che ho intrapreso
nella Malesia peninsulare, Borneo malese ed infine Sipadan.
Trentacinque chili di piacere
La Malesia è la tipica destinazione che adoro, mi permette in un colpo solo infatti
di soddisfare tutte le aspettative che richiedo ad una vacanza perfetta: oltre alle
immersioni il mio viaggio deve darmi la possibilità di fare trekking naturalistico;
poi deve appagare la mia seconda compagna di viaggio,
ovvero la mia macchina fotografica; a tutto questo però bisogna aggiungere che non
sono un eremita, amo conoscere la gente e nuove culture, visitando luoghi di interesse
storico e gustando le più fantasiose cucine; ultima cosa ma non meno importante,
deve esserci avventura, perché senza il pepe delle incognite, degli imprevisti e
dei cambi di programma mi sembrerebbe di guardare passivamente un documentario in
TV.
Qual è l’unico svantaggio di avere a disposizione una meta che vi permette tutte
queste attività? Lo conosce bene la mia schiena, tra attrezzatura fotografica, subacquea
e da trekking, il mio zaino pesava 35 Kg! Sono sicuro che ancora oggi ci sono vertebre
lombari di tassisti malesi, che portano il segno del nostro passaggio.
Il primo impatto
Come avrete già capito sono un amante della vacanza fai-da-te, dall’Italia ho
sempre solo acquistato il biglietto di andata e ritorno, per poi affrontare l’organizzazione
logistica sul posto. Quest’anno però devo confidarvi, che per i primi 30 minuti
in terra malese, arrivato a Kuala Lumpur ho avuto un senso di spaesamento
che non avevo mai provato nei miei viaggi precedenti. Non so come fare a spiegarvi
la sensazione, immaginate di essere in piena chinatown alle 7 del mattino, l’afa
vi toglie il fiato e siete circondati e pigiati fra gente di ogni sorta, uomini
d’affari cinesi, santoni indiani, scolaretti malesi, donne musulmane nascoste nei
loro chador neri, insomma la più svariata umanità; siete dotati della ridicola cartina
inclusa nella Lonely Planet dove l’intera Kuala Lumpur è disegnata su due paginette
con un’approssimazione che la rende praticamente inutilizzabile, dunque non avete
la minima idea di dove siete; sui pochi marciapiedi esistenti non riuscite neanche
a camminare perché sono stipati di baracchini alimentari che friggono e cuociono
ogni genere di materia commestibile, violentando il vostro povero stomaco stremato
dal lungo volo; odori aggressivi arrivano inoltre dai mercati e soprattutto dalle
bancarelle dei macellai cinesi, dove gli animali vengono tenuti vivi fino al momento
dell’acquisto e poi sgozzati prima di essere incartati; le monorotaie vi passano
rumorosamente sopra la testa, stracariche di lavoratori diretti ai loro impieghi;
voi infine avanzate zigzagando tra le macchine incastrate nel traffico, che per
ripicca riversano lo smog nella grigia aria del mattino. Non so se sono riuscito
a rendere l’idea, credetemi ne ho viste di città caotiche nei miei viaggi passati,
ma questa volta appena ho messo piede fuori dal taxi che ci ha portato in città,
per un brevissimo istante ho avuto voglia di correre in albergo e chiudermi in camera.
Poi magicamente ed inevitabilmente incominciate a sincronizzarvi con quel ritmo
frenetico, i vostri occhi vengono attirati dagli straordinari colori che vi circondano,
i passanti vi salutano sorridendo, lanciate le prime spontanee imprecazioni contro
gli automobilisti che vi sfiorano, incominciate in poche parole a far parte di Kuala
Lumpur.
La sregolata capitale è destinata a piacervi, il senso di spaesamento iniziale
assumerà una connotazione positiva rendendo ancora più attraenti le differenze culturali
che incontrerete sul vostro cammino. Con il veloce ed efficiente servizio di treni
sopraelevati, potrete visitarla in tutta comodità, gustandovi contemporaneamente
una veduta panoramica dall’alto. A proposito dei treni, vi anticipo una cosa che
a me sulle prime ha lasciato meravigliosamente di sasso: la linea Putra non ha conducente,
cioè i treni vengono guidati da un computer! Dopo due secondi di stupore ci si domanda
immediatamente: e se qualcuno si avvicina troppo al bordo del marciapiede? E se
cade sui binari? O se rimane impigliato in una porta? Il computer grazie ad una
sofisticata rete di sensori è in grado di gestire tutte queste situazioni... speriamo
non ci sia installato Windows 95.
Sostanzialmente i quartieri interessanti della città sono due e possono essere
visitati tranquillamente in un paio di giornate: il Golden Triangle (Triangolo d’Oro)
e China Town. Il primo è famoso per la sua architettura moderna, comprese le famose
Petronas Towers (vedi la prima foto) ed è molto frequentato per quello che i malesi
chiamano lo sport nazionale, ovvero lo shopping; China Town invece è la parte più
rustica della città, i templi cinesi, indiani e mussulmani convivono con l’architettura
moderna, i baracchini gastronomici vi permettono di gustare prelibatezze esotiche
(di cui alle volte è meglio non conoscere gli ingredienti) e nei colorati mercati
all’aperto potrete comprare un Rolex per mezzo euro o l’ultimo film del vostro regista
preferito ancora prima che il suddetto regista decida di girarlo.
Un capitolo
a parte meriterebbe invece il trattamento della condizione del pedone, una specie
in via di estinzione che a Kuala Lumpur sopravvive per miracolo. Innanzitutto si
potrebbe affrontare l’argomento “Il marciapiede questo sconosciuto”, infatti,
tranne in rarissime situazioni, il marciapiede è un’entità assolutamente ignota
e se c’è, è comunque invaso da bancarelle e baracchini alimentari. Il secondo paragrafo
potrebbe tentare di rispondere all’intrigante domanda “A cosa serve il semaforo
per i pedoni?”: il semaforo infatti viene installato negli incroci ad unico
uso e beneficio degli autoveicoli, gli attraversamenti pedonali ne sono sprovvisti.
Voi direte, “Basta passare quando le macchine sono ferme”... a parte il fatto che
le macchine non sono mai ferme, voglio proprio vedere come si fa a capire che è
il vostro turno di attraversare, in un incrocio dove convergono magari 6 strade
a 4 corsie!
Il terzo paragrafo lo intitolerei “Centrare i pedoni aumenta i punti sulla patente”.
Non c’è altra spiegazione, deve essere così, anche in Malesia hanno la patente a
punti solo che da loro i punti vengono ripristinati investendo i passanti. Ho sperimentato
di persona che quando attraversi la strada le macchine accelerano, ho visto automobili
cambiare di corsia per riuscire a farti il pelo. Voi direte “Usa le strisce pedonali”...
le stri-cosa?
Concluderei infine il trattato con l’appendice “Non sei Inglese? Accendi un cero!”.
A tutti i disagi sopraccitati aggiungete cioè il fatto che in Malesia guidano a
sinistra, dunque le vostre probabilità di sopravvivenza si abbassano ulteriormente;
quando attraverserete le strade vi verrà da guardare istintivamente dalla parte
sbagliata con la conseguenza che nel momento che appoggerete il primo piede sulla
strada, sentirete il classico suono prolungato di un clacson in avvicinamento, mentre
verrete contemporaneamente sfiorati da una o più vetture. A poco servirà fermarsi
a ragionare prima di attraversare, per capire se l’incasinatissimo svicolo verrà
da lì a poco percorso da destra o da sinistra, sbaglierete di sicuro!
Comunque non preoccupatevi, dopo un mese di soggiorno in Malesia alla fine ho imparato
da che parte dovevo guardare prima di attraversare, infatti appena arrivato in Italia
uscendo dall’aeroporto, mi ha quasi steso un tassista.
La giungla antica
Il Taman Negara è il parco nazionale più importante della Malesia,
la foresta pluviale che vi è racchiusa è ritenuta la più antica al mondo, si sospetta
infatti che non sia stata toccata nemmeno dalle ere glaciali. In termini di animali
non è certo il miglior posto della Malesia dove fare avvistamenti, nonostante ciò
il parco secondo me va visitato, soprattutto se nel vostro programma di viaggio
non è incluso il Borneo: avrete l’occasione di vedere specie vegetali fra le più
svariate e antiche, se andrete a fare qualche passeggiata di notte nella giungla
la vostra torcia inquadrerà sicuramente serpenti colorati, veloci scorpioni e ragni
che avevo visto solo nei film horror. Male che vada durante il vostro soggiorno
conoscerete le simpaticissime sanguisughe che daranno il caloroso benvenuto ai vostri
polpacci. Purtroppo però se come me avrete la “sfortuna” di andare in vacanza con
una ragazza dotata di carni rubiconde e succose, le sanguisughe non vi degneranno
di un solo sguardo riservando a lei tutte le attenzioni.
Ecco magari non girate per la giungla con pantaloncini corti e ciabatte infradito,
ma seguite i consigli del veterano dei SAS Nick Stone: tenete due abiti, uno da
usare durante il giorno, che si bagnerà e infangherà dopo i primi 5 minuti nella
giungla e l'altro che indosserete la notte e che avrete avuto la cura di mantenere
asciutto ad ogni costo; la mattina seguente indosserete nuovamente quello bagnato.
Non cedete alla tentazione di usare quello asciutto, altrimenti dopo 5 minuti vi
ritroverete con 2 vestiti bagnati.
Se avete tempo vi consiglio di passare una notte in un bumbun, la fatica
e lo spirito di adattamento che dovrete avere sono notevoli ma verranno adeguatamente
ripagati. Praticamente i bumbun sono dei capanni molto spartani costruiti
su palafitte in mezzo alla giungla e collocati in posizioni strategiche per individuare
gli animali che all’imbrunire ed alla mattina presto vanno ad abbeverarsi. Sgambetterete
un po’ per arrivarci (ricordate che più siete lontani dall’entrata del parco, più
probabilità avrete di avvistare vita selvaggia), vi adatterete a dormire in un sacco
a pelo sopra ai duri letti a castello in legno, non essendoci né vetri alle finestre
né zanzariere vi farete la doccia di repellente per gli insetti ed infine vi dovrete
preparare mentalmente alla compagnia di qualche Jerry (N.d.R. chiamarli così invece
che “orrendi e schifosi ratti” potrebbe facilitarvi nell’accettarne la presenza).
Vi garantisco però che ascoltare nella buia notte il concerto di suoni che proviene
da ogni dove, è qualcosa di realmente magico e lo porterete nei vostri ricordi per
sempre.
Per organizzare un soggiorno nel Taman Negara vi consiglio di rivolgervi a Kuala
Lumpur alla NKS Travel (www.taman-negara.com),
che ha un ufficio nell’Hotel Mandarin Pacific a China Town. Sono veramente efficienti,
penseranno loro al trasferimento, all’alloggio ed addirittura al viaggio per la
vostra successiva destinazione (ad organizzare tutto da soli, perderete un sacco
di tempo e probabilmente spenderete di più). Ad esempio, nonostante per raggiungere
successivamente Kota Bharu ci offrissero un passaggio su una veloce corriera dotata
di aria condizionata, gli abbiamo chiesto di procurarci i biglietti per il
Jungle Train. Ci hanno guardato come dei poveri pazzi ma ce li
hanno procurati a loro spese.
Se non avete fretta fatelo anche voi, il Jungle Train è un capolavoro di ingegneria,
si tratta di una pittoresca linea ferroviaria che avanza pigramente per centinaia
di chilometri nel folto della giungla, tagliando in diagonale quasi tutta la Malesia.
Esistono due treni, uno notturno ed uno diurno. Ovviamente quello diurno è quello
che vi permette di gustarvi il panorama, ha solamente il difetto che ferma in tutte
le stazioni, e sono veramente tante! Nemmeno il capotreno quando glielo ho chiesto
mi ha saputo dire quante fossero, non ne aveva mai tenuto il conto. Vi toccano circa
10 ore di viaggio, ma lo rifarei nuovamente senza nessuna esitazione; a parte i
meravigliosi paesaggi che sfrecciano davanti al vostro finestrino, il treno è un’esperienza
sociale, viaggiatori di ogni tipo si avvicendano durante il percorso, stanchi contadini
di ritorno dal lavoro, eleganti donne col velo, fedeli che si recano alla più vicina
moschea e battaglioni di ragazzini che escono da scuola. Potrete mangiare cucina
tipica nel vagone ristorante, ma soprattutto socializzerete anche se non ne avrete
voglia, donne e uomini al primo sguardo con cui li incrocerete si lanceranno con
voi in conversazioni sui più svariati argomenti. Parola mia, le 10 ore di viaggio
sono volate!
Un’altra escursione interessante, ma per avvistamenti naturalistici molto particolari,
è la navigazione notturna del Sungai Selangor nei pressi di Kuala
Selangor a tre ore di autobus da Kuala Lumpur. E’ un posto "incantato" che di notte
viene invaso da milioni di lucciole; utilizzando le silenziose imbarcazioni del
parco si può navigare lungo il fiume luccicante, sperimentando il clima natalizio
anche ad Agosto. E’ un po’ fuori mano dalle rotte turistiche, non vale certamente
la pena passarci più di una notte, ma se avete tempo potrete come noi alloggiare
direttamente dentro il Firefly Park Resort (www.fireflypark.com).
Il minestrone culturale
Quello che sicuramente più affascina della Malesia è la convivenza pacifica degli
opposti, da tutti i punti di vista, architettonico, artistico, culturale, etnico
e religioso. Citando lo scrittore Andy McNab “La Malesia è l’unico posto al mondo
dove Allah, Hare, Buddha e persino Gesù Cristo possono andare assieme fuori a cena
senza venire alle mani”.
Se nel vostro immaginario pensate alla Malesia come ad un chiuso e riservato
popolo mussulmano, siete completamente fuori strada. Innanzitutto preparatevi a
salutare in continuazione, soprattutto nei piccoli paesi vi faranno un cenno o vi
rivolgeranno un “hello” la maggior parte di quelli che incrocerete. Se poi avrete
l’accortezza di ricambiare il saluto in bahasa, vi sarete fatti degli amici.
A tal proposito mi ha sorpreso la facilità della lingua malese, non ha le declinazioni
tanto odiate nel tedesco e nel latino, cioè una parola si pronuncia tale e quale
in tutte le situazioni; non ha nemmeno le coniugazioni, cioè non esistono i verbi
al futuro o al passato, sono tutti all’infinito, si capisce se uno sta parlando
al passato o al futuro dagli avverbi che usa (ad esempio se dico “Lo scorso luglio
andare in Malesia” sto ovviamente parlando al passato); per finire non esistono
neanche i plurali, per dire il plurale di un sostantivo si ripete semplicemente
due volte la parola (come se per dire cani dicessi canecane). In uno dei tanti centri
commerciali di Kuala Lumpur, compratevi un dizionario tascabile e potrete incominciare
a comprendere le insegne stradali, gli avvisi pubblicitari e, perché no, divertirvi
anche a spiaccicare qualche cosa di più dei soliti monosillabi.
Tornando alla socievolezza dei malesi, dal punto di vista fotografico siete in
un paradiso. Anche il più timido dei fotografi potrà tornare a casa con centinaia
di soggetti catturati dalla propria fotocamera. Recatevi nel più sperduto villaggio
su palafitte di pescatori e non appena estrarrete la macchina fotografica verrete
circondati da gente che vuole farsi ritrarre. Se passerete con la macchina fotografica
in mano accanto a qualcuno senza fargli la foto, vi guarderà offeso come per dire
“Non sono abbastanza bello per le tue foto?”. Vi giuro, ho visto addirittura un
peschereccio fare marcia indietro con tutto l’equipaggio che salutava, per finire
nella foto del tramonto che stavo facendo.
Da un punto di vista socioculturale forse la meta più interessante è
Kota Bharu: avrete modo di visitare i coloratissimi e caratteristici mercati,
recarvi al centro culturale (magari utilizzando un risciò) e vedere le esibizioni
di musica, ballo, arti marziali e trottole (una strana combinazione in effetti).
A proposito di mercati Kota Bharu e Kuala Terengganu sono i posti
migliori per acquistare i batik, ovvero le preziose stoffe di seta colorate
a mano; le troverete anche in altre parti della Malesia, ma scordatevi la scelta
(ed i prezzi!) di cui disporrete in questa regione.
La città è anche un’ottima base per esplorare i luoghi interessanti nei dintorni:
l’esotica moschea galleggiante, le grandi statue del Buddha, i villaggi di pescatori,
gli artigiani che costruiscono aquiloni, i teatri di marionette, ecc...
Una curiosità! Accompagnati in un’escursione da due nativi, siamo finiti in un
luogo che non era riportato sulle mie guide e di cui tra l’altro a posteriori ho
trovato solo pochissimi cenni in Internet. La cosa mi sembra tutt'oggi molto strana,
infatti secondo me è un posto splendido. Si tratta di un raggruppamento di 5 templi
buddisti di influenza tailandese, di cui il più caratteristico è senz’altro il
Wat Mai Suwankhiri, conosciuto anche come “Tempio della Barca del
Drago”: come dice il nome è a forma di barca (vedi foto) ed è collocato all’interno
di una piscina fatta su misura. Nelle guide che possiedo si parla di molti templi
tailandesi nel distretto del Tumpat, ma questo incredibilmente non è citato. Mistero...
Interessante è anche la città di Melaka, esattamente dalla parte
opposta della Malesia rispetto a Kota Bharu, ha avuto notevole importanza nella
storia del paese e, per la sua posizione strategica, se la sono contesa i Portoghesi,
gli Inglesi e gli Olandesi (vi troverete anche un mulino). Nonostante sia decisamente
più turistica rispetto agli stati del Kelantan e del Terengganu, l’architettura
del quartiere cinese è incantevole, sia all’esterno che all’interno, infatti a Melaka
è molto forte la tradizione artigianale legata alla produzione di mobili e sculture.
Ogni sera viene eseguito uno show di luci e suoni che racconta la storia della città:
se non capite l'Inglese lasciate stare oppure portatevi un cuscino per dormire,
se invece lo masticate (l'Inglese intendo, non il cuscino) potrebbe essere divertente,
infatti avrete l'occasione di ascoltare una versione propagandistica e "leggermente"
distorta della storia coloniale della regione.
Pirati da sempre
Dopo due settimane sul continente eccoci in volo verso il selvaggio Borneo, prima
tappa Kuching, capitale del Sarawak. La cittadina è veramente piacevole,
vi converge tutto l’artigianato indigeno del Sarawak, oserei dire che è forse il
posto dove avrete la scelta più ampia per i vostri souvenir. Il problema è che bisogna
stare molto attenti a quello che si trova e a quanto lo si paga, infatti accanto
alle autentiche opere di antiquariato, troverete anche molto ciarpame prodotto in
serie.
E qui ho avuto il primo rimpianto, quel genere di cose che col senno di poi avrei
fatto diversamente. Sin dall’Italia, da quando leggevo i racconti di Redmond O'Hanlon
tra gli Iban del Borneo, mi sono ripromesso di comprarmi in Malesia un parang,
ovvero il machete rituale che i valorosi cacciatori di teste utilizzano per avanzare
nella giungla, scuoiare animali, tagliare teste e affettare il formaggio. Bene ho
fatto l’errore di aspettare di arrivare in Borneo per comprarmelo e purtroppo oggi
non è tra gli oggetti ricordo della nostra vacanza. A Kuching troverete sì i
parang, ma si tratta di chincaglieria dotata di lame scadenti. A Melaka invece
(averlo saputo prima!) ho visto fabbri che battevano sugli incudini pezzi di ferro
incandescente e creavano a mano bellissimi parang, ma mi sono detto “Se sono
bellissimi questi, chissà che splendore saranno quelli nel Borneo!”. Carpe diem.
N.d.r. dopo 7 anni da questo viaggio ce l'ho fatta, sono riuscito a comprarmi il parang a Ruteng.
A Kuching potrete scatenarvi con la macchina fotografica.
Sorseggiando un succo di frutta seduti in uno dei tanti localini lungo il fiume,
vedrete passare i barcaioli che con le loro caratteristiche imbarcazioni traghettano
la gente del luogo da una sponda all’altra. Ma la cosa bella della città è che si
trova in una posizione unica per molte escursioni nei vicini parchi nazionali, e
qui non si scherza, gli avvistamenti interessanti sono all’ordine del giorno.
Il Bako National Park si raggiunge in un’ora di autobus più
mezzora di barca ed è secondo me il parco più bello tra i molti che abbiamo visitato.
Innanzitutto è lungo il mare, dunque potrete fare il bagno in una delle tante spiagge
incontaminate mentre le scimmie nasiche vi volteggeranno sopra la testa, poi potrete
dedicarvi al trekking nell’entroterra per avvistare diverse specie di primati ed
una considerevole varietà di piante carnivore. A tal proposito devo annotare il
nostro secondo rimpianto, ad aver saputo prima la bellezza di questo parco, invece
di tutti quei giorni nel Taman Negara, sarebbe stato meglio passare più tempo qui.
Il Gunung Gading National Park si raggiunge in un paio di ore
di autobus e sin dall'Italia c'era un bel punto interrogativo sul programma accanto
a questa meta: la mia flebile speranza era di avere la fortuna di vedere in Borneo
la mitica rafflesia. Per la cronaca ce l'abbiamo fatta, ne abbiamo viste addirittura
3.
Ah, non avete la minima idea di cosa stia parlando? Cos’è la rafflesia? E’ semplicemente
il fiore più grande del mondo (la foto ne ritrae una che deve ancora sbocciare),
può raggiungere anche un diametro di 140 centimetri (fortuna che non è carnivoro!),
ma l’unico problema è che fiorisce solo 4 giorni all’anno e mai nello stesso posto
dell’anno precedente. Ovviamente le rafflesie non fioriscono tutte assieme negli
stessi 4 giorni, dunque assumendo una guida del parco avrete buone probabilità che
ce ne sia almeno una da vedere (è meglio comunque fare una telefonata il giorno
prima e chiedere informazioni, per evitare di farsi tutto quel viaggio per niente).
Vi segnalo a Kuching l'Hotel Telang Usan,
un posto molto particolare, di proprietà e gestione della tribù dei Orang Ulu. E'
stato l'unico posto del Borneo dove sono riuscito a farmi servire sottobanco il
tuak, il vino di riso degli indigeni (nella mussulmana Malesia gli alcolici sono
vietati).
Spostandosi all’estremità opposta del Borneo, troverete Sandakan,
una lercia cittadina piena di immigrati indonesiani clandestini, pirati, tagliagole
e prostitute e se posso permettermi questo è l’unico posto in tutta la Malesia dove
vi consiglio di non andare al risparmio con l’hotel (noi siamo stati nel bellissimo
Sabah Hotel).
Prendete nota maschietti, se la vostra ragazza dopo essere stata nel lussuoso centro
benessere dell’hotel insiste perché andiate anche voi a farvi un massaggio, ANDATE!
Non dico altro...
Nonostante tutto, Sandakan è il posto migliore del Sabah dove organizzare escursioni,
tra cui la più famosa cioè il Sepilok Rehabilitation Center. Il
parco è stato creato per accogliere temporaneamente orangutan orfani o feriti e
riabilitarli per dare loro la possibilità di essere nuovamente autosufficienti nella
giungla. Due volte al giorno in punti fissi del parco viene depositato del cibo
e ci sono ottime probabilità di vedere molti orangutan e macachi farsi avanti: attenzione
che andare a Sepilok fuori dall’orario dei pasti, vuol dire quasi sicuramente fare
un viaggio per niente.
Da Sandakan potrete inoltre organizzare escursioni in barca lungo il Sungai
Kinabatang e se lo desiderate trascorrere la notte in un accampamento nella
giungla.
Finalmente in acqua
Sono passate
tre settimane e non mi ricordo più per cosa siamo venuti in Malesia... per comprare
un cellulare a poco prezzo? No, non mi serve ...per assaggiare il disgustoso
durian? Fatto, la polpa del frutto ha l'aspetto di un cervello di scimmia, sa
di ananas marcio e profuma come la colla vinilica... forse siamo venuti per farci
un massaggio? Ah no, ora ricordo, per Sipadan! Le immersioni!
Due sono le possibilità logistiche per fare immersioni alla mitica Sipadan: alloggiare
sulla terraferma a Semporna e farvi ogni giorno un’ora di motoscafo,
oppure alloggiare sull’isola di Mabul e farvi 20 minuti di barca.
Se avete intenzione di fare solo una o due immersioni, allora potete risparmiare
qualche soldo e starvene a Semporna, ma se come noi siete degli irriducibili subacquei
sovrasaturi di azoto, che se fanno meno di 15 immersioni non gli sembra neanche
di esserci stati, allora è a Mabul che dovete andare, vi farete anche 4 immersioni
al giorno e alla fine darete del tu ai pesci. L’isola con i suoi 4 hotel (noi siamo
stati al
Borneo Divers Mabul Resort)
è fatta su misura per i subacquei, di giorno diventa deserta poiché sono tutti sottacqua.
Appena sbarcati abbiamo trovato i nostri nomi già scritti sul tabellone, prenotati
per le 3 immersioni del giorno successivo. Se per caso un giorno dopo 2 immersioni
vi sognate di dire che, quasi quasi il pomeriggio preferite stare sulla spiaggia
a prendere il sole, la guida subacquea vi guarderà preoccupata, chiedendovi se state
male e se avete bisogno di un dottore. Visto che il pacchetto soggiorno normalmente
comprende immersioni illimitate, per loro è incomprensibile che voi non andiate
ad immergervi. Dunque mettete la maschera e iniziamo...
Barracuda Point
Prendete qualsiasi libro che parla di barriere coralline e vedrete citato Barracuda
Point a Sipadan. Quando andate in giro per il mondo, sono sicuro è capitato anche
a voi, e vi immergete in un punto chiamato Manta Point o Shark Point, potete star
sicuri che di mante o squali non ne vedrete neanche uno; sembra facciano apposta
a dare al sito di immersione un nome che non ha niente a che vedere con cosa si
avvisterà poi. In questo caso però, il nome Barracuda Point calza a pennello, dopo
pochi minuti di immersione siamo stati circondati da centinaia di barracuda che
volteggiavano attorno a noi creando in controluce spirali ipnotiche. L’avvistamento
di grossi pelagici non è comunque la regola a Sipadan, l’isola infatti è famosa
per il “muck diving”, che tradotto letteralmente vuol dire “immersioni per avvistare
schifezze”. Lo so, suona molto meglio in Inglese, ma sostanzialmente le abilissime
guide scendono in acqua con una bacchetta tipo direttore d’orchestra o con una lente
di ingrandimento e vi aiutano ad individuare coloratissimi nudibranchi e microscopici
crostacei. Non è il mio caso, ma penso sia il paradiso della macrofotografia subacquea.
Drop Off
Il drop off è la parete sul lato nord dell’isola, che sprofonda verticalmente
fino a 600 metri di profondità. Tuffarsi dalla barca e lasciarsi cadere negli abissi
(non fino a 600 metri ovviamente), data l’eccezionale visibilità è un esperienza
vertiginosa, da ottovolante.
Oltre agli esseri minuscoli, l’isola è famosa per le tartarughe giganti che ne abitano
i fondali, solo che dopo le prime due immersioni non ci farete più caso, cioè quando
ad ogni immersione minimo si avvistano 10 tartarughe, capirete anche voi che dopo
un po’ non fanno più notizia.
Turtule Cave
Questa immersione invece non la conoscevo, ma consiglio a tutti i non claustrofobici
di provarla. Sotto l’isola c’è un fitta rete di cunicoli, tra cui un ampia caverna
conosciuta come il cimitero delle tartarughe. Il nome è dovuto al fatto che è piena
di scheletri e gusci di tartarughe (il conteggio quando ci siamo stati noi era arrivato
a 56 scheletri); ancora non si è capito se le tartarughe muoiono lì perché non riescono
a trovare la via di uscita o è una loro libera scelta, si sa però che tutte le volte
che i sub hanno provato a salvarne qualcuna portandola fuori, questa il giorno dopo
rientrava. Hanno trovato gusci marcati con contrassegni che indicavano origini lontanissime,
anche tartarughe che provenivano dalle Hawaii. Oltre a questo spettrale paesaggio,
la grotta ci ha permesso di vedere cucciolate di squali e gli incredibili pesci
bioluminescenti, che erroneamente pensavo abitassero solo gli abissi e che dunque
non mi sarei mai aspettato di vedere un giorno.
L’immersione però non va sottovalutata, si conduce all’inizio con una bombola aggiuntiva
a tracolla, poi a metà percorso la si abbandona per usarla come riserva al ritorno.
Oltre ai claustrofobici ed agli ansiosi sconsiglio l’immersione anche a chi normalmente
ha problemi di compensazione, infatti l’ingresso della grotta è a 20 metri, ma poi
la penetrazione è tutta in risalita, dunque dopo 70 minuti (l’immersione è lunga)
dovrete ridiscendere per uscire e se non riuscite a compensare, beh non c’è altra
strada, o vi spaccate i timpani o diventate l’57esimo scheletro.
Concludo con un arrivederci, solo che in bahasa si dice in due maniere diverse
a seconda della situazione: in questo caso la maniera giusta è selamat jalan,
che lo dice chi rimane (io purtroppo) a chi parte.
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