Continuiamo il racconto iniziato in Laos, quest'anno si fa sul serio!, ricordando
che le uniche cose autentiche sono le note.
“Le ultime informazioni classificate riferiscono che la scatola nera sia stata
prelevata da una cellula dei Khmer rossi e che con tutta probabilità ora si trova
Phnom Penh.” enunciò Barney[1].
“I Khmer rossi?!” strabuzzò Greg “Esistono ancora i Khmer rossi? E cosa fanno?!
Complottano incidenti internazionali tirando le dentiere addosso ai turisti?“
“Beh non proprio,” rispose Barney arrossendo come fosse stato colto in fallo in
un’interrogazione a sorpresa al liceo “i vecchi nostalgici non hanno mai abbandonato
i deliranti piani per riorganizzare la Cambogia secondo i loro ideali di ordine.
E sono riusciti a raccogliere anche un certo consenso, soprattutto fra i giovani
delle remote province rurali del paese.”
Barney era entrato nell’esercito dopo gli studi universitari, più che altro perché
non riusciva a trovare un altro lavoro che lo soddisfacesse, o meglio perché non
aveva ancora capito quale lavoro lo soddisfacesse. Lì poi era rimasto, un po’ per
pigrizia e un po’ perché dopotutto la mimetica gli vestiva bene. Così, anche se
i suoi sogni di bambino lo avevano portato a laurearsi in architettura, si era ritrovato
invece a fare esattamente il contrario, cioè a specializzarsi nel campo delle demolizioni.
“E voi due a chi state sulle palle? Intendo per essere state spedite in questa fogna?”
si rivolse Greg agli altri due soldati in gonnella.
“Tenente Klaudija S., specializzata in incursioni subacquee[2],
signore!”
“Complimenti! Chi è il genio al quartier generale che ti ha mandato qui? Forse era
il caso di informarlo che il Laos non ha nessuno sbocco sul mare! E tu invece?”
disse Greg rivolgendosi alla più giovane del gruppo “Stanca della vita già alla
tua età?”
“Tiratore scelto Annushka B., signore.”
“Tiratore scelto?!” notando la gracilità della soldatessa “Stiamo parlando di proiettili
o mi stai confidando che hai imparato a tirare patatine per terra da McDonald? Va
beh, probabilmente mi sarai utile in questa missione, sicuramente più di un incursore
della marina. Allora Barney, quali sono gli ordini?”
“Domani alle 05:00 partenza per la capitale della Cambogia a bordo di un elicottero
militare[3]. Alle 08:00 incontreremo il nostro contatto
in loco con le istruzioni precise.”
“Allora signori, grazie di tutto, fatemi continuare la mia meditazione...” disse
Greg circondato dagli sguardi increduli della sua squadra “...cosa c’è da guardare?
E’ un modo gentile per dire fuori dalle palle!”
Urla nel silenzio
Quando alle 08:00 in punto la squadra toccò terra a Phnom Penh, un autista era
già lì ad aspettarli pronto ad accompagnarli a Choeung Ek[4].
Dopo mezz’ora di viaggio in mezzo alla polvere, arrivarono a destinazione, lì un
cambogiano di nome Tom era in attesa.
“Un posto più comodo per incontrarsi no eh!? Sarebbe stato troppo facile!” esordì
Greg senza neanche salutare.
“Io qui ci lavoro” rispose Tom “conduco visite guidate nei campi di sterminio.”
“Bello come lavoro! Sempre meglio di un calcio nei testicoli.”
“Io ero qui quando i Vietnamiti arrivarono a Choeung Ek” continuò velatamente commosso
il gracile cambogiano “c’ero anche quando scoprirono questa vergogna.”
Greg ascoltò in rispettoso silenzio le parole, notando nel frattempo che da terra
spuntavano pezzi di ossa umane[5].
“I Khmer si trovarono presto davanti al problema di dover uccidere moltissime persone
senza spendere un capitale in pallottole; prima provarono a mettere in fila le vittime
per ucciderle con un solo proiettile, ma poi arrivarono a inventare sistemi molto
più atroci.”
“Su questo albero ad esempio” continuò Tom indicando un grosso arbusto “venivano
uccisi i bambini davanti alle loro stesse madri, semplicemente afferrandoli per
i piedi, sbattendoli con violenza addosso al tronco e poi gettandoli moribondi in
questa fossa comune.”
“I colpevoli di questo scempio sono stati almeno sgridati?” chiese Greg conoscendo
già la risposta.
“I carnefici riuscirono a scappare e tutt’oggi, quelli che ancora sono vivi, si
nascondono nelle foreste ai confini con la Thailandia. E’ per questo che vi darò
una mano a trovare la vostra preziosa scatola nera, trovando lei io troverò loro
e li porterò davanti ad un tribunale internazionale[6].
Dunque preparatevi, domani a mezzogiorno partiamo per Siem Reap.”
L’idea era quella di dormire il più possibile per essere in piena efficienza
l’indomani, ma Greg alle 05:00 aveva già gli occhi spalancati come una civetta.
Uscì dall’albergo[7] e scese in strada, dove un gruppo
di ragazzi stava scherzando allegramente.
“Fare footing la mattina non è di moda?” chiese allungando un sigaro toscano[8]
ad uno dei ragazzi.
“Qui Mister, la gente di mattina si esercita nelle arti marziali, adesso li trova
tutti al monumento dell’indipendenza[9].”
“Mi ci porti?”
“Salga sul mio tuc tuc, la corsa la offro io.” disse il ragazzo che con orgoglio
sfoggiava il sigaro tra le labbra.
Dopo essersi esercitato nel Tai Chi con delle vecchie signore ed aver scambiato
allegramente qualche colpo di Taekwondo con i ragazzi di una scuola di arti marziali,
Greg tornò in albergo tonificato dal suo allenamento mattutino a cielo aperto.
“Giù dalle brande soldati! Recuperate i vostri fucili di precisione, le vostre
pinne e mettiamoci in movimento, Tom è giù che ci aspetta.”
“Nessun problema Capitano” balzò in piedi Barney “il mio zaino era già pronto ieri.”
“Che diavolo hai dentro quello zaino, Barney? Sembra pesare come un incudine!”
Greg aprì la chiusura lampo dello zaino tattico e rimase a bocca aperta: “Ma qui
ci saranno 50 Kg di C4! Cosa hai intenzione di fare? Dobbiamo nuclearizzare l’Indocina?”
“Semplice prudenza.” rispose il sergente, che senza sforzo caricò sulle sue alte
spalle il malloppo.
“Devo ricordarmi di starti lontano quando fumo i miei sigari.”
Tri fo uan dolah
La navigazione sul Tonle Sap procedeva lenta e noiosa, non che si aspettassero
dell’azione, ma durante la stagione delle piogge il lago era al suo massimo di espansione
e praticamente sembrava di navigare in mare aperto[10].
“Meglio!” pensò Greg “C’è meno rischio che qualcuno da riva, tanto per non sbagliare,
ci spedisca un paio di pallottole di benvenuto.”
“Yuhuuuu!” ruppe il silenzio Annushka sfoggiando un enorme ratto peloso infilzato
in una fiocina “Finalmente si pranza!”
All’interno delle forze speciali, la mira della soldatessa era proverbiale almeno
quanto la sua capacità di cucinare e di ingurgitare qualsiasi cosa avesse un minimo
potere nutritivo. Girava addirittura la leggenda che nell’ultima missione, dopo
che il suo commilitone e boy-friend era stato ferito mortalmente, per sopravvivere
lei si fosse mangiata un pezzo della sua gamba.
Giunti all’estremità nord orientale del lago, la piccola imbarcazione iniziò a risalire
un piccolo affluente. Nonostante Klaudija avesse portato il proprio livello DEFCON
(Defense Readiness Condition) ad uno stato di massima allerta, il dolce ondeggiare
del placido lago le aveva conciliato il sonno, pennichella che però fu brutalmente
interrotta da una voce giovane e lamentosa: “Tri fo uan dolah[11]?”
Il tenente della marina saltò in piedi come una molla e puntò il fucile d’assalto
H&K in direzione della vocina: una bambina galleggiava in una tinozza di plastica,
tenendosi aggrappata al bordo della barca, nelle manine aveva tre flauti di bambù
e li protendeva verso la canna del fucile.
“Dannazione!” tirò un sospiro di sollievo “C’è mancato poco che marcassi un colpito
e affondato.”
Lungo le rive del piccolo affluente, il villaggio di Chong Kenas
era costituito da case miracolosamente galleggianti, residenza di un’antica
comunità di pescatori[12]; in un battito di ciglia,
Tom e i quattro soldati vennero circondati da una flotta di tinozze il cui numero
poteva far invidia alla US Navy, tutte strapiene di bambini curiosi.
“Adesso, secondo me, dovresti scarrellare ed iniziare a sparare!” scoppiò in una
fragorosa risata Barney.
Man mano che la barca si spostava all’interno della foresta, il buon umore della
compagnia cedeva progressivamente il passo alla tensione.
“Arrivati, si scende a terra!” ordinò Greg non appena l’imbarcazione toccò riva.
“Temevo l’avresti detto prima o poi.” sospirò Klaudija “Ci sono altre buone notizie?”
“Sì, questa è la zona al mondo con la più alta densità di mine antiuomo[13],
di conseguenza Barney e il suo carico di C4 ci seguiranno in coda.”
“Cazzo! Sapevo che finiva così, a voi il divertimento e a me le retrovie.“ rispose
il sergente amareggiato.
“Allora soldati, vi voglio in fila indiana ed in assetto da battaglia entro 5 minuti!
Ci muoveremo velocemente seguendo Tom ed ogni 60 secondi ci fermeremo per ascoltare
i rumori attorno a noi, dunque fate assoluto silenzio e tenete la bocca aperta per
acuire il senso dell’udito. Un’ultima cosa: tentate di mettere i piedi esattamente
dove li ha messi chi vi precede.”
Le rovine
La faticosa marcia nella giungla durò 2 giorni e mezzo[14],
dalla fitta vegetazione ogni tanto spuntavano le rovine di qualche tempio Khmer,
il che dava alla squadra un riparo[15] durante i
frequenti acquazzoni notturni.
All’imbrunire del terzo giorno Tom disse “Questo è il Ta Prohm, è l’ultimo
tempio che incontreremo prima di arrivare alle coordinate forniteci dal vostro servizio
di intelligence.”
“OK soldati” incominciò ad impartire ordini Greg “qui poseremo il culo per questa
notte. Tu Annushka va in perlustrazione e cercati un posto dove puoi tenere sotto
tiro l’accampamento dei Khmer rossi, tu Barney trova un posto riparato all’interno
dove possiamo passare la notte ...e se ci riesci vedi di non far saltare tutto in
aria.”
Ci vollero 45 minuti ad Annushka per trovare il posto adatto all’appostamento, si
trattava di un antico muro sopra il quale cresceva un grosso arbusto con le radici
piantate nei mattoni[16]. Prima di salirvi sopra
nascose accuratamente lo zaino a terra, non c’è niente di peggio che farsi beccare
da una squadra di ricognizione mentre si è appesi al ramo di un albero: da quella
posizione si può solo fare ciao con la manina ed aspettare che gli altri vincano
un peluche facendo il tiro a segno.
Annushka si assicurò di avere una scorta di acqua per le successive 24 ore, di avere
un contenitore dove raccogliere la propria urina e di avere un quantitativo sufficiente
di Imodium per bloccare qualsiasi istinto a defecare. Quello del cecchino è essenzialmente
un lavoro di attesa, consiste in ore, se non giorni, di appostamento, senza nessuna
distrazione, l’occasione di sparare potrebbe presentarsi una sola volta e non è
il caso che accada mentre si hanno i pantaloni calati.
Raggiunta la posizione sopraelevata, iniziò a scrutare la radura con il binocolo
a infrarossi: “Capitano qui Boyscout, l’accampamento dei fazzoletti rossi si trova
a 300 metri a nord dalla mia posizione, per il momento nessuna attività, sembra
dormano tutti. Passo.”
“OK, rimani in posizione, tieni gli occhi aperti e fammi rapporto ogni ora;” rispose
Greg “domani all’alba sotto la tua copertura entreremo in azione. Chiudo.”
Barney, utilizzando la potente iodolux in dotazione, si mosse con circospezione
all’interno del tempio, fino a che non scovò una sala sufficientemente grande per
offrire riparo a tutta la squadra. Fradicio di sudore si sedette su una pietra ed
appoggiò l’ingombrante Heckler & Koch MG4 alla parete, non accorgendosi che
in questa maniera aveva inavvertitamente azionato un meccanismo seminascosto. Se
quello fosse stato un episodio della saga di Indiana Jones, sarebbe anche stato
divertente vedere la pesante parete che aveva iniziato a chiudere l’unico accesso,
ma a Barney l’idea di rimanere murato vivo per i prossimi due millenni non suscitava
nessuna ilarità: afferrò la iodolux, il proprio cappello e si lanciò sotto alla
lastra che si stava velocemente abbassando, riuscendo a passare per il rotto della
cuffia.
“Questa volta c’è mancato davvero poco!” sospirò ancora supino a terra.
“Come non detto!” disse notando la canna di un AK47 che stava puntata diritta in
mezzo ai suoi occhi.
Quando, spinto in malo modo, Barney raggiunse l’esterno, vide Greg, Klaudija e Tom
in ginocchio con le mani sopra alla testa, mentre una squadra di ragazzini con foulard
rossi al collo li teneva sotto tiro.
“Cosa succede Capitano?” chiese, ma un doloroso fendente alla schiena gli ricordò
che quello era il momento di ascoltare e non quello di parlare.
Il più anziano fra i Khmer, quello che probabilmente era il capo, iniziò a pontificare:
“Io posso anche capire voi, che siete i servi della decadente cultura occidentale,
la mano armata dei padroni colonialisti, ma tu fratello che scusa hai?” rivolgendosi
a Tom “Tu compagno perché ti sei asservito agli oppressori tradendo i tuoi fratelli
della Repubblica di Kampuchea?”
“Maledetti assassini, grazie a voi sono l’unico rimasto della mia famiglia, non
avrò pace fino a che non pagherete per i vostri misfatti!” urlò Tom con gli occhi
fuori dalle orbite per la rabbia.
A quelle parole tre chiassosi ragazzini afferrarono Tom tirandogli la testa indietro
mentre un adulto, che brandiva la grossa fronda di una palma, gli si piazzò davanti;
dopo avergli enunciato sbrigativamente i capi di imputazione, sgozzò Tom con un
colpo secco della fronda seghettata[17].
Sentendo le urla disumane di Tom, Annushka dalla sua posizione sopraelevata volse
il binocolo in direzione delle rovine; purtroppo mentre l’appostamento era perfetto
per osservare il campo Khmer, non lo era invece per vedere cosa succedeva nelle
retrovie: non serviva comunque una laurea per capire che la missione stava andando
a puttane.
Imbracciò immediatamente il fucile di precisione volgendo la canna nella direzione
da cui era arrivata; sciaguratamente aveva una visuale assai ristretta, riusciva
praticamente a vedere solo il perimetro dell’area, ma era sufficiente per scorgere
Greg in ginocchio che parlava con qualcuno al di fuori dell’inquadratura.
“Avete fatto tutta questa strada per un piccolo congegno elettronico che tra l’altro
neanche abbiamo” rise il vecchio asiatico, digrignando i pochi denti marci “l’aereo
che doveva consegnarcelo è precipitato in Malesia, inabissando il vostro prezioso
giocattolo. Volevo che sapeste quanto inutili sono stati gli ultimi momenti della
vostra vita!”
Annushka inserì il proiettile in canna e premette il grilletto fino a raggiungere
il primo scatto; a quel punto l’unica cosa che le rimaneva da fare era aspettare
di inquadrare il bersaglio. Purtroppo la persona che stava di fronte a Greg non
era visibile, si capiva solo che stava gesticolando animatamente, poiché si vedevano
le sue mani entrare saltuariamente alla sinistra del reticolo del mirino.
L’attesa le fu utile per reimpostare tutte le correzioni alla mira che aveva settato
precedentemente, l’aumento di distanza dal bersaglio imponeva nuove verifiche: il
proiettile procede per inerzia e la velocità alla bocca di fuoco tende progressivamente
a diminuire, provocando sulla lunga distanza una deriva non solamente verticale
ma, per gli effetti giroscopici, anche orizzontale.
Quando ogni speranza sembrava persa e la squadra spacciata, il vecchio si piegò
in avanti per urlare qualcosa in faccia a Greg; il cecchino svuotò i polmoni per
metà, trattenne il fiato per dare il tempo al fisico di rilassarsi, ma senza esagerare,
per evitare che l’apnea provocasse delle contrazioni involontarie alle dita e...
premette il grilletto.
Il proiettile arrivò molto prima del suono dell’esplosione provocata dalla percussione,
quello che i soldati videro al campo fu la testa del vecchio che esplodeva nel silenzio,
apparentemente senza alcuna ragione, seguita poi dal classico BANG.
Greg e gli altri non aspettavano altro, sfruttando lo smarrimento iniziale del nemico,
iniziarono a correre, Barney fece appena in tempo a raccogliere la iodulux per farsi
luce nella buia notte della giungla e raggiunse di corsa i compagni. Anche Annushka
si ricompattò al gruppo e iniziarono tutti assieme una rapida ritirata sotto il
fuoco dei cambogiani: quando si fugge la tattica migliore non è quella di percorre
la strada rettilinea più breve tra il punto di partenza e quello di arrivo, bisogna
invece mettere fra se e gli inseguitori quante più curve possibili, effettuando
continui cambi di direzione.
“Al diavolo le mine, peggio di così non può andare!” pensò Greg ponderando il fatto
che zigzagare in quell’enorme campo minato non era proprio il sogno della sua vita.
Dopo due ore Greg interrupe la ritirata, gli inseguitori grazie alla loro iniziale
disorganizzazione avevano abbandonato la caccia dopo 15 minuti. Esausto si appoggiò
ad un albero e si mise in bocca un bel Ramon Allones Specially Selected[18].
“Ti sembra questo il momento di fumarti un sigaro?” esclamò Klaudija “Quei bastardi
hanno fatto fuori Tom ed in questo momento si staranno dando allegramente pacche
sulle spalle a vicenda per averla fatta franca ancora una volta; e tu cosa fai...
ti fumi un sigaro come niente fosse?”
“Merda!” imprecò Barney “La iodolux è andata, adesso siamo al buio in mezzo alla
foresta!”
“State calmi” iniziò a parlare sornione Greg “Ognuno di noi ha i suoi problemi,
tu Klaudija gridi vendetta, tu Barney sei al buio ed io ho bisogno di fuoco
per accendere il sigaro...” infilò la mano in tasca ed estrasse un oggetto che sembrava
una radiolina a transistor “...ho io la soluzione per tutti.”
Quando Barney realizzò cos’era l’oggetto che Greg aveva in mano e che lo zaino con
l'esplosivo era rimasto all’interno del Ta Prohm, fece appena in tempo a
dire: “Non farlo! Siamo ancora troppo vicin...”
La terra tremò ed una spaventosa semisfera di fuoco iniziò ad espandersi alla velocità
di 500 metri al secondo dal profondo della giungla.
La conclusione della storia in Perhentian (Malesia), il finale.
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